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1. Una commissione inadeguata

Vaticano: veduta di Piazza San Pietro

I fatti di Medjugorje, tuttora in corso, hanno avuto inizio nel lontano 1981.

La posizione ufficiale della Chiesa è attendista ed è ancora costituita dalla Dichiarazione di Zara, del 1991, firmata dalla Conferenza Episcopale Jugoslava: "Sulla base delle indagini finora condotte, non è possibile affermare che si tratti di apparizioni o di rivelazioni soprannaturali".

 

Nel 2010, papa Benedetto XVI istituì però una nuova commissione d'inchiesta su Medjugorje (presieduta dal card. Camillo Ruini) con funzioni puramente consultive: il giudizio definitivo spetterebbe al pontefice, sentita la Congregazione per la dottrina della fede.

La commissione (i cui membri sono elencati in un comunicato della Sala Stampa vaticana del 13 aprile 2010) si è riunita 17 volte nell'arco di quattro anni e, nel gennaio 2014, conclusi i lavori, si è sciolta.

Nel dicembre 2021, David Murgia, giornalista di TV 2000 (stazione televisiva di proprietà della Conferenza Episcopale Italiana) e sostenitore di Medjugorje, ha pubblicato atti ed estratti dei verbali della commissione nel volume Processo a Medjugorje. Murgia ritiene che le pagine scritte dalla commissione rappresentino "un vero capolavoro. Dovrebbero essere studiate nelle università per il metodo scientifico e la dovizia di ricerca" [Murgia, Processo a Medjugorje, Rubbettino, 2021, p. 24].

L'anno precedente, la Relazione finale della commissione era stata pubblicata, per le edizioni San Paolo, dal vaticanista Saverio Gaeta, anche lui sostenitore di Medjugorje, nel libro Dossier Medjugorje (d'ora in avanti, nelle citazioni della Relazione, indicato in nota semplicemente come "Gaeta"), e dallo stesso David Murgia nel volumetto Rapporto su Medjugorje (d'ora in avanti, "Murgia").

Si tratta di materiali coperti da segreto pontificio, presenti negli archivi della Congregazione per la dottrina della fede. 

Partiamo ora direttamente dalle conclusioni della Relazione finale, in cui si afferma testualmente che  “le prime sette apparizioni risultano intrinsecamente credibili" [Relazione finale: Gaeta, p. 61; Murgia, p. 47] (la commissione sceglie di contare un’”apparizione” per ciascun giorno, anche se, in realtà, in diverse occasioni ci sono state “apparizioni” multiple nella stessa giornata).

Si riporta anche l’esito della votazione:

[...] su 15 presenti e votanti (11 Membri e 4 Esperti),
• 10 Membri e 3 Esperti: constat de supernaturalitate [è evidente la soprannaturalità];
• 1 Esperto: nondum decernendum [sospensione del giudizio];
• 1 Membro: constat de non supernaturalitate [è evidente la non soprannaturalità].
Pertanto la Commissione Internazionale, a maggioranza, ritiene gli inizi del fenomeno di Medjugorje non riducibili a sole dinamiche umane ma aventi un'origine soprannaturale.
[Relazione finale: Gaeta, p. 62; Murgia, p. 48]

Tuttavia, più avanti si legge [corsivo nell'originale]:

La Commissione Internazionale rileva, in ogni caso, che gli eventi successivi alle prime sette apparizioni costituiscono un vero problema, che rende assai difficile una valutazione conforme a quella che può essere riconosciuta al segno originario.
[Relazione finale: Gaeta, p. 83; Murgia, p. 58]

Le forti perplessità sulle "fasi successive" erano state esplicitate anche in uno studio stilato da due membri (Le origini del fenomeno "Medjugorje") e allegato al verbale della seduta del 15 dicembre 2012 (Murgia copre sistematicamente con un omissis i nomi dei componenti della commissione):

 
Omissis e Omissis si rendono conto quanto sia stato (sic) difficile ma non peregrina l’opzione di delimitare “gli inizi del fenomeno” di Medjugorje alle prime sette presunte apparizioni/mariofanie avvenute sul Podbrdo; mentre le fasi successive e ancora “in corso” di tale fenomeno, non esenti da constatabili contraddizioni e ambiguità (delle stesse asserite mariofanie e dell’habitus spirituale-ecclesiale-etico dei veggenti), che via via si discostano per “rarefazione” e per “abitudine” all’evento originario ora asserito da 12 Membri della Commissione Internazionale in seno alla CDF come soprannaturale, e che indubbiamente possono far pensare a una effettiva “decadenza” del fenomeno e dei protagonisti, esigono perciò un esame rigoroso, attento e approfondito da parte della stessa Commissione.
[Allegato V – Verbale del 15 dicembre 2012, in David Murgia, Processo a Medjugorje, Rubbettino, 2021, p. 170] 

In sintesi, quindi, credibili le apparizioni dei primissimi giorni e dubbie le decine di migliaia dei decenni successivi. Con quella che appare un'acrobazia logica, si è ammessa la poca affidabilità dei presunti veggenti ma, contemporaneamente, si è salvato un nucleo originario di Medjugorje e il fervore religioso che lì si è generato.

Anche un membro della commissione esprime ai colleghi le proprie obiezioni di fronte a questa singolare scelta. Gli si risponde così: 

Per quanto riguarda la non banale ma arguta proposta di Omissis secondo cui «un’origine positiva dev’essere confermata nella storia successiva; quest’ultima non dovrebbe smentire, con ambiguità e incertezze, una radice autentica bensì svilupparla in maniera incoraggiante», crediamo ch’essa, facendo le debite e doverose eccezioni, non può essere assolutizzata, in quanto potrebbe di per sé essere relativizzata dalla stessa storia della Chiesa, sgorgata dal cuore trafitto del Signore (origine positiva) e sovente, nei suoi Membri cagiovevoli (sic) e imperfetti, soggetta ad ambiguità e incertezze.
[Ibidem

L'analogia finale non si regge dal punto di vista strettamente logico, in quanto mette sullo stesso piano due entità di natura diversa (i protagonisti originari di un fenomeno e i successori), ma, poi, viene spontaneo domandarsi: se c'erano questi presunti elementi di soprannaturalità iniziale, come mai erano sfuggiti non solo alla commissione diocesana (attiva fino al 1986) ma anche alla commissione della Conferenza Episcopale Jugoslava (1987-1991)?

C'è anche da dire che la Congregazione per la dottrina della fede aveva espresso un parere fortemente negativo sui lavori della commissione, ritenuti parziali e accomodanti nei confronti di Medjugorje. Gaeta scrive di un "duro attacco condotto dalla Congregazione nei confronti della Relazione della Commissione internazionale" [S. Gaeta, Dossier Medjugorje, San Paolo, 2020, pp. 11-12]. Per la Congregazione, "non si doveva tener conto dei risultati cui la Commissione internazionale era giunta; e si doveva, plausibilmente, arrivare a un decreto di bocciatura delle apparizioni di Medjugorje. Una vera e propria 'contro-Relazione'!" [ivi, p. 12]. Dopo di ciò - scrive ancora Saverio Gaeta - papa Francesco ha però fatto esaminare la Relazione "a teologi di propria fiducia, i quali [...] hanno confermato che la Commissione internazionale è stata corretta nel proprio metodo di indagine" [ibidem].

Il problema è che i teologi c'entrano poco e nulla. I limiti del lavoro svolto dalla commissione (che nella Relazione si autodefinisce sistematicamente “Commissione Internazionale”) appaiono legati principalmente ad una disorganica conoscenza della storia di Medjugorje. Da ciò derivano anche incoerenze di ordine logico (non teologico).  

Cominciamo ora a vedere come ha lavorato la commissione Ruini.

 

Nel volume Processo a Medjugorje sono riportati, tra l'altro, gli estratti delle testimonianze rese, davanti alla commissione, dai sei "veggenti", nel periodo  tra giugno 2011 e febbraio 2012.

Come emerge dal verbale della riunione del 16 dicembre 2010, era stato messo preventivamente in chiaro un principio:

 

Omissis [senza dubbio il presidente, card. Ruini, MC] precisa subito che «dovrà, in ogni caso, essere chiaro per tempo ai convocati che l’audizione avrà la forma di un colloquio». Non dovrà quindi essere né un interrogatorio – come già accaduto non solo per questo fenomeno ma anche per altre apparizioni – né una confessione.
[Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 43] 

Leggendo gli estratti dei verbali pubblicati da David Murgia, le domande rivolte ai "veggenti" (capitolo IV di Processo a Medjugorje) appaiono, perlopiù, vaghe, generiche e accomodanti (tranne che per Ivan, per i motivi che vedremo).

Nei colloqui con i singoli veggenti si toccano, in ordine sparso e con una certa ripetitività, questioni che si possono liberamente sintetizzare in questi termini: Come era la loro vita precedentemente all'inizio del fenomeno? Quali sentimenti hanno accompagnato l'inizio delle apparizioni? Come fu accolto il fatto dai loro familiari? Come si svolsero le prime apparizioni e come si svolgono quelle attuali? Hanno un direttore spirituale? Che caratteristiche hanno i segreti? Sarebbero disposti a consegnarli al pontefice o alla commissione, qualora fosse loro richiesto? Quali sono le loro fonti di sostentamento? 

Poche domande esulano da questi temi di fondo.

 

 

Ebbene, nessuno che abbia una conoscenza critica minimamente approfondita del fenomeno e volesse davvero far luce su di esso si limiterebbe a fare queste domande, utili, al massimo, per una superficiale e impressionistica valutazione psicologica dei convocati. 

Si può dire senza tema di smentita che, con l'esclusione delle domande sulle fonti di sostentamento, la stragrande maggioranza delle risposte ha ricalcato quanto ripetutamente dichiarato dai presunti veggenti nei decenni precedenti, nelle varie interviste devozionali.

Si sarebbero invece dovute toccare tutte le vicende e le questioni spinose. Altrimenti, non si capisce il senso di questi colloqui. 

 

Un esempio concreto, tra i tanti possibili: com'è noto, Mirjana asserisce di aver ricevuto dalla Madonna una pergamena miracolosa, di materiale sconosciuto, contenente i segreti, che solo lei riesce però a leggere (afferma di averla mostrata a un cugino ingegnere,  a una cugina e a un'amica - tutti rigorosamente anonimi - senza che siano riusciti a leggerne il contenuto: Mirjana e la pergamena portentosa).

Ebbene, la commissione non ha chiesto a Mirjana di portare con sé la pergamena e tanto meno di farla esaminare (non risulta mai nominata né nel colloquio con Mirjana, né nella Relazione, né in nessun altro atto pubblicato).

 

 

Le alternative sono solo due: o la commissione non aveva nemmeno una chiara conoscenza della questione della "pergamena" (il che sarebbe gravissimo), o la commissione ha preferito non rischiare di "inchiodare" in maniera definitiva e senza appello la "veggente" (il che sarebbe ancora più grave). 

Dopo il colloquio che la commissione ha avuto con lei (il 30 novembre 2011), un membro commenterà che "Mirjana possiede un'«intelligenza naturale», non guidata dalla logica della furbizia" [Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 99]. 

 

 

Un argomento analogo a quello della pergamena di Mirjana viene invece toccato con Ivanka:

Ivanka: «Ho ricevuto dalla Gospa un frammento di materia la cui natura non so ben definire. Potrebbe essere carta o stoffa. Comunque, è su quel frammento che io stessa ho scritto – in un “linguaggio criptato” – i dieci segreti rivelati dalla Madonna».
[Verbale del 10 giugno 2011, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 59] 

La commissione si guarda bene, però, dal chiedere a Ivanka di poter quanto meno visionare il "frammento criptato" (cosa che, in caso di necessità, si sarebbe potuta fare anche recandosi direttamente presso il suo domicilio a Medjugorje, visto che la commissione è stata istituita come "organo inquirente e organo giudicante" [Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 23]).

Del resto, bisogna domandarsi: i commissari avevano una conoscenza storica del fenomeno tale da consentire loro, qualora lo avessero voluto, di mettere alla prova i veggenti? 

La prima "veggente" ad essere ascoltata era stata Ivanka, il 10 giugno 2011. La seconda è Vicka, il successivo 6 ottobre.

Nella discussione a porte chiuse, dopo l'audizione di Vicka, ecco cosa emerge dal verbale:

Ammette Omissis di essere rimasto meravigliato per quanto appreso da Vicka circa i segreti, soprattutto per il fatto – nuovo – che essi siano stati affidati, oltre che a Ivanka, anche ad altri veggenti. Sorprendente, del pari, la circostanza che Vicka stia ancora aspettando la rivelazione di un decimo segreto, mentre Ivanka già da tempo ne conosce dieci.
[Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 76]

Fatto nuovo? Si può immaginare lo stupore del commissario, quando avrà scoperto ciò che è ben noto a chiunque abbia una minima infarinatura di Medjugorje, e cioè che tutti e sei i veggenti si dicono depositari, da decenni, di nove (quelli che hanno ancora "apparizioni" quotidiane) o dieci (quelli che hanno cessato le "apparizioni" quotidiane) segreti (sin dal 1986 nessuno dice di averne meno di nove).

A quasi due anni dalla costituzione della commissione, si era quindi a questo livello di inconsapevolezza

Ivan è stato l'ultimo dei sei "veggenti" ad essere ascoltato (il 20 febbraio 2012) e l'unico ad essere giudicato con estrema severità - a quanto sembra - da tutti i commissari, essendo definito senza mezzi termini "mentitore" ("Secondo Omissis, «Ivan non è attendibile; anche nel corso delle indagini effettuate dalle due commissioni precedenti, era stata data, di lui, la definizione negativa di un uomo che dice bugie»" [Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 115]).

Nella Relazione finale Ivan viene citato più volte e, come vedremo, fortemente biasimato.

Bisogna dire che questa differenza di giudizio rispetto agli altri "veggenti" è stupefacente. In particolare, altre "veggenti" di Medjugorje non sono certamente da meno di Ivan, quanto a comportamenti palesemente sospetti (in parte lo riconoscerà anche la commissione, cercando però attenuanti, ben poco persuasive, come vedremo nella sesta parte del presente studio). Ivan è un gregario da tutti i punti di vista. Eppure, è l'unico ad essere criticato senza appello.

Come spiegare questo comportamento da parte della commissione?

Il motivo della disparità di trattamento va cercato, ancora una volta, nel fatto che la commissione aveva evidentemente una conoscenza non organica della complessa storia di Medjugorje e, per una circostanza particolare, era venuta a conoscenza di alcuni fatti relativi a Ivan.  

 

​Infatti, il 10 giugno 2011 era stata ascoltata la testimonianza di un ex membro sia delle commissioni diocesane (1982-1984, 1984-1986), sia di quella della Conferenza Episcopale Jugoslava (1987-1991) [Murgia, coprendolo come di consueto con un omissis, lo presenta come membro anche della commissione Ruini (cfr. p. 65), ma, verosimilmente, ha confuso due religiosi con lo stesso cognome, di cui indicherò solo le iniziali: il probabile testimone Z. P. e il membro della commissione Ruini V. P. La sostanza dei fatti, comunque, non cambia.] ​

Il racconto del testimone verte su un ben noto inganno operato da Ivan nei confronti della commissione diocesana, a proposito dei "segreti".

Nel colloquio con la commissione Ruini, il 20 febbraio 2012, lo stesso Ivan ammette il fatto ("Ho effettivamente mentito. Mi sono sentito molto sotto pressione" [Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 110]). Ma non è questo il punto che qui ci interessa. Il punto è l'insufficiente conoscenza delle vicende (e quindi dei protagonisti) da parte della commissione. 

 

 

Durante il colloquio, Ivan dichiara: 

             

Ricordo che qualcuno che aveva lavorato nei campi ha toccato, poi, con le sue mani la Madonna. Dopo quel contatto, ho visto dello sporco ossia delle macchie sulle vesti della Gospa.
[Verbale del 20 febbraio 2012, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit. p. 111] 

Nella successiva discussione a porte chiuse, in cui tutti i commissari sono molto critici nei confronti di Ivan:

Omissis fa anche notare a proposito il fatto che i vestiti della Gospa si sarebbero sporcati dopo essere stati toccati da un uomo: difficile, infatti conciliare la circostanza evidenziata nel racconto con la consueta definizione – tota pulchra – della Madonna.
[Murgia, Processo a Medjugorje, cit. p. 115]

Ma nessuno dei membri - a quanto risulta - fa notare che lo stesso racconto è stato notoriamente fatto, in varie circostanze, anche da altri "veggenti" di Medjugorje, come Marija e Vicka.

Dal famoso libro intervista Mille incontri con la Madonna:

Padre Janko: Il 2 agosto 1981 [...] dopo che avete pregato, la Madonna ha detto che tutti i presenti potevano toccarla. Dicono che la gente si era messa in fila e che ad uno ad uno si avvicinavano e la toccavano. Marija indicava loro dov'era. [...] È capitato un fatto strano. Dal contatto delle mani di molti, rimaneva la macchia sulla Madonna, tanto che alla fine l'abito della Madonna sembrava tutto sporco e macchiato. 
Vicka: Questo lo so. Quando la toccavano quelli che avevano il cuore impuro, rimaneva sulla Madonna una specie di macchia.
[Janko Bubalo, Mille incontri con la Madonna. Le apparizioni di Medjugorje raccontate dalla veggente Vicka, EMP, 1986,  pp. 141-142]

In altri casi, va anche peggio. La commissione sa, ma tratta comunque Ivan diversamente dagli altri: la commissione sa che i veggenti viaggiano per promuovere il fenomeno di Medjugorje, ma mentre agli altri - stando a quanto pubblicato da Murgia -  viene chiesto semplicemente se ne ottengano benefici economici, al solo Ivan viene contestata anche la violazione delle raccomandazioni della Conferenza Episcopale Jugoslava:

Omissis richiama il documento pubblicato nel 1991, dopo la chiusura delle indagini da parte della Commissione nazionale. In quel testo, che propone alcune linee d’orientamento, si raccomanda – e, non da ultimi, anche ai veggenti – di non pronunciarsi in pubblico sul fenomeno. Vorrebbe sapere perché Ivan non abbia rispettato quell’indicazione.
[Murgia, Processo a Medjugorje, cit. p. 110]

 

​Anche in questo caso, è davvero notevole la differenza di trattamento, dato che tutti i "veggenti" hanno continuato a rendere le loro testimonianze pubbliche, sia in loco che in giro per il mondo, fino al 2014, quando ciò è stato loro di fatto impedito dalla Congregazione per la dottrina della fede. A quel punto hanno naturalmente obbedito, visto che sapevano di essere sotto esame da parte del Vaticano (anche Saverio Gaeta scrive, nel 2021, che "negli anni più recenti, sia Ivan che gli altri veggenti hanno accolto l'invito ufficiosamente fatto loro dalle competenti autorità ecclesiastiche, con il sostanziale azzeramento  della loro presenza a incontri medjugorjani in giro per il mondo" [Gaeta, Medjugorje. Scienza e Chiesa, San Paolo, 2021, p. 217, nota 5].

*****

È ben noto che nei primi giorni di Medjugorje (27-30 giugno 1981) furono realizzati e registrati su nastro (audiocassette) dei colloqui, intercorsi tra i padri della parrocchia di San Giacomo di Medjugorje e i ragazzi.

Ebbene, nell'aprile 2012, una delegazione della commissione si reca a Medjugorje per compiere un viaggio di studio sul posto.
Nella riunione del successivo mese di ottobre, nella relazione stilata da un membro si legge:

In occasione del nostro viaggio di studio a Medjugorje (22-26 aprile 2012), la delegazione si è preoccupata di sapere se c’era una traccia delle prime testimonianze dei giovani “veggenti”. Abbiamo creduto di capire che erano stati distrutti dalla polizia. Intervistando l’archivista dei francescani a Medjugorje, abbiamo appreso che esistevano le prime registrazioni e che lui poteva metterle a disposizione. È stata fatta una copia ed è stata consegnata al Segretario della Commissione, Omissis [monsignor Achim Schütz, MC]. 
Ma poco prima della nostra partenza per la Bosnia, noi stessi abbiamo fatto delle ricerche su Internet e abbiamo scoperto che ciò che credevamo inesistente era presente in parte su un sito internet. [...]
La Commissione era l’unica ad ignorare l’esistenza pubblica e ampiamente diffusa nel commercio di alcune testimonianze dei giovani durante i primi giorni e registrate da padre Jozo Zovko.
[Allegato IX - Verbale del 5 ottobre 2012, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 142] 

Anche quest'esempio lascia intuire quanto la commissione si orientasse tra le fonti documentarie.

In ogni caso, questo viaggio a Medjugorje, secondo la commissione, avrebbe consentito di imprimere una svolta decisiva alle indagini.

Vediamo perché.

Continua nella parte 2: "Svolta" nelle indagini o solo impressioni soggettive?

Marco Corvaglia

Pubblicato il 10 febbraio 2020. Ultimo aggiornamento: 19 dicembre 2021

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