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5. Il salvataggio di Medjugorje? Fondato su strane teorie psicologiche 

di Marco Corvaglia

Vai alla parte 1: Una commissione inadeguata

Vai all'indice completo dello studio Chi giudicherà i giudici? Le insanabili contraddizioni della commissione d'indagine su Medjugorje

Tony Anatrella

Il francese padre Tony Anatrella, psicanalista e membro della commissione pontificia d'indagine su Medjugorje.

Astratte e indimostrate teorie psicologiche: su questo si basano principalmente le motivazioni trovate dalla commissione a sostegno della credibilità delle prime "apparizioni".

 

Scrive il curatore di Processo a Medjugorje, David Murgia, introducendo la seduta del 5 ottobre 2012:

Possiamo considerare un successo che all’interno della Commissione di Inchiesta sia stato inserito un Membro specializzato in psicanalisi sul piano dell’esperimento e della terapia. Questo ha permesso che quindi gli stessi veggenti – e la stessa dottoressa testimone dei primi eventi – fossero studiati e analizzati anche sotto questo punto di vista.
Si tratta di un passaggio fondamentale per il risultato finale dei lavori della Commissione.
Ai Membri e agli Esperti della Commissione viene quindi presentato lo studio finale psicologico sulla personalità dei sei veggenti.
La relazione consegnata ai Membri e agli Esperti è in francese.
[David Murgia, Processo a Medjugorje, Rubbettino, 2021, p. 135]

Il nome del membro della commissione autore della relazione psicologica è coperto da omissis, ma è, con certezza assoluta, lo psicanalista e psichiatra francese monsignor Tony Anatrella.

 

 

Anatrella, nel gennaio 2023, dopo un processo ecclesiastico durato sei anni, è stato condannato con sentenza definitiva al divieto di confessare i fedeli, di celebrare messa in pubblico e di proseguire le sue attività psicoterapeutiche, per decisione della Congregazione per la dottrina della fede e dell'arcivescovado di Parigi, essendo stato riconosciuto colpevole di ripetuti abusi sessuali compiuti durante l'attività terapeutica (comunicato stampa della diocesi di Parigi del 17 gennaio 2023).

Le accuse nei confronti di Anatrella erano già ben note almeno dal 2001, come in più interviste sottolineato dal domenicano Philippe Lefebvre, membro della Commissione Biblica Pontificia.

Ciò significa che, quando ad Anatrella è stato conferito l'incarico di membro della commissione pontificia d'indagine su Medjugorje, le accuse nei suoi confronti erano già note da almeno una decina d'anni.

 

 

Anatrella ha evidentemente svolto un ruolo fondamentale a favore di Medjugorje: le singolari e astratte teorie psicologiche su cui la commissione principalmente si basa, nella Relazione finale, per motivare il parere favorevole nei confronti delle "prime sette apparizioni", non possono che essere state elaborate dall'unico psicanalista e psichiatra presente in commissione, cioè Anatrella (al limite con l'ausilio di padre Mijo Nikić, docente di psicologia, che, pur non essendo membro della commissione, ha collaborato con la qualifica di esperto). 

A proposito della testimonianza della dottoressa Darinka Šumanović-Glamuzina (si veda la parte 2: "Svolta" nelle indagini o solo impressioni soggettive?), Anatrella, nella propria relazione personale, scrive:

Pensiamo che non ci sia alcun motivo di dubitare della testimonianza di questo medico e che si tratta parimenti di un tassello importante, che facilita il discernimento delle parole dei ragazzi quando allora dicevano di aver visto e sentito la Gospa.
[Conclusioni psicologiche, Allegato IX - Verbale del 5 ottobre 2012, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 138] 

Infatti non c'è motivo di dubitare della sincerità della dottoressa, ma la sua testimonianza, come abbiamo visto, è priva di qualunque interesse o significato obiettivo a sostegno delle parole degli allora ragazzi.

Anatrella scrive inoltre:

Le audizioni dei “veggenti” di Medjugorje che abbiamo svolto, tra il 2011 e il 2012 presso la sede della Congregazione per la Dottrina della Fede, e le analisi che ne abbiamo fatto ogni volta con una nota clinica, ci portano a concludere che queste differenti personalità non presentano disturbi psichiatrici e neurologici.
[Ivi, p. 136]

Nessuno può pensare  che dietro il fenomeno di Medjugorje ci siano sei persone con problemi psicopatologici, ma non si comprende quale completezza scientifica potrebbe avere un'analisi (che pretende di essere perfino neurologica) derivante dalla semplice osservazione di sei persone che sostengono un colloquio (peraltro non clinico). 

Nella parte finale (per la verità non pienamente chiara e coesa) del suo studio psicologico, Anatrella asserisce, in estrema sintesi, che "l'esperienza eccezionale vissuta da questi ragazzi" si è manifestata in una regione caratterizzata da "notevoli conflitti antropologici" (cristianesimo, islamismo, comunismo), nei quali giocherebbe un ruolo anche "la situazione geofisica del terreno" [ivi, pp. 144-145, passim]. Infatti, ricorrendo a considerazioni ispirate alla stravagante cosiddetta etnopsicanalisi, scrive:

[La zona di Medjugorje è] fatta di [...] colline e conche fondate su un terreno argilloso, petroso e ricco di calcare. [...] Le personalità che vivono su questo tipo di terra (calcare) sono generalmente di un temperamento forte, resistente e persino ossessivo. Sviluppano forti convinzioni. Mentre quelli che vivono sullo scisto hanno una tendenza depressiva e gli altri che vivono sul granito sono piuttosto di un temperamento portato all’esaltazione, o al delirio civilizzato.
[Ivi, p. 143]

Va da sé che si tratta di teorie non sorrette da alcuna logica scientifica. Quindi sono antiscientifiche. Sembra davvero di essere tornati ai tempi di Erodoto, il quale, 2500 anni fa, scriveva che "da luoghi molli sono soliti nascere uomini molli" [Erodoto, Storie, IX, 122]



Non sorprende, quindi, che, nella Relazione finale, anche l'asserzione della soprannaturalità delle prime sette apparizioni si fondi essenzialmente su teorie psicologiche tutte da provare [corsivo nell'originale]:

Gli eventi che i testimoni dichiarano essere avvenuti sul monte Podbrdo sono stati individuati come quelli che rispondono meglio a una situazione libera da impropri elementi di influenza. [...]
Lo spostamento delle presunte apparizioni/mariofanie nella casa parrocchiale di Medjugorje, però, ha segnato anche il passaggio a una fase nuova del fenomeno, a una situazione oggettivamente meno spontanea e libera rispetto alla precedente, caricando gli eventi (e gli stessi presunti veggenti) di una serie di attese e di esigenze assolutamente non presenti nelle prime sette apparizioni.
[Relazione finale: Gaeta, pp. 47 e 49-50; Murgia, pp. 37-39]

Si è così provato che nelle "prime sette apparizioni" i veggenti erano sinceri e non influenzati da nulla e da nessuno?

Ovviamente, no.

E allora a cosa servono queste affermazioni, non supportate da prove?

Come abbiamo visto (Parte 1 e Parte 3), una volta preso atto degli innegabili aspetti problematici, nell'autunno 2012, la commissione decide di dividere in due il fenomeno.

Le teorie psicologiche di Anatrella cercano di attenuare le responsabilità dei veggenti. Si sostiene la tesi che, quando essi hanno probabilmente iniziato a dire cose non corrispondenti alla realtà, l'hanno fatto perché gli eventi si erano caricati di una non meglio definita "serie di attese e di esigenze".

​Non è poi necessario commentare l'astrattezza e l'assenza di solide argomentazioni a sostegno di asserzioni come queste, presenti anch'esse nella Relazione finale:

• il modo di relazionarsi del soggetto delle prime sette presunte apparizioni, la Gospa, è tale da suscitare una soggettualità, una responsabilità e un protagonismo a cui i presunti veggenti non erano né preparati, né abituati;
• il soggetto delle prime sette presunte apparizioni, la Gospa, si presenta con caratteri e una familiarità inediti rispetto a quel che i presunti veggenti potevano conoscere di lei;
• l’oggetto delle richieste/messaggi, vale a dire la pace nella sua dimensione essenzialmente teologale, acquista un’urgenza, una dimensione e un significato che si dilata ben al di là degli orizzonti già posseduti, vissuti e desiderati dai presunti veggenti e dal loro ambiente vitale.
[Relazione finale: Gaeta, p. 59; Murgia, pp. 45-46]

Continua la Relazione finale [sottolineatura mia]:

[...] la Commissione Internazionale ritiene di poter affermare con ragionevole certezza che le prime 7 apparizioni risultano intrinsecamente credibili, perché capaci di suscitare in chi le ha vissute un risveglio della fede, una conversione del modo di vivere e un rinnovato senso di appartenenza alla Chiesa.
[Relazione finale: Gaeta, p. 61; Murgia, p. 47]

Dal punto di vista razionale, questa motivazione è priva di qualunque senso o valore probante. Se molta gente si convince che un fenomeno sia vero, questo non costituisce, ovviamente, una prova di veridicità (tanto più se quel fenomeno fa leva sui punti deboli psicologici delle persone). 

Ugualmente infondata e gratuita dal punto di vista logico è quest'altra affermazione:

[...] la trentennale storia successiva agli eventi originari si è diramata in tale estensione e in tale profondità da escludere una manipolazione individuale o di massa.
[Relazione finale: Gaeta, p. 71; Murgia, p. 50]

Per fare un esempio, anche gli 8 milioni di Testimoni di Geova oggi esistenti al mondo hanno vissuto "un risveglio della fede" aderendo al loro movimento. La commissione internazionale concorderebbe nel dire che, quindi, hanno seguito la strada giusta? L’islamismo e l’induismo si sono "diramati" in enorme estensione e profondità. La commissione internazionale li ritiene per questo motivo veri?

*****

Passiamo ora dalle motivazioni psicologiche a quelle storiche.

Nella Relazione si legge che quando, nei primi giorni, sono stati interrogati dalla polizia, “i presunti veggenti sono stati esposti a delle minacce gravi. Resistono comunque e non negano minimamente quanto hanno sperimentato" [Relazione finale: Gaeta, p. 44; Murgia, p. 35].

 

Se queste minacce gravi ci fossero realmente state nella prima settimana, sarebbero cessate subito dopo?

Ovviamente no.

 

E allora, se la commissione pensa che queste presunte gravi minacce provino la sincerità dei veggenti, perché scrive che "gli eventi successivi alle prime sette apparizioni costituiscono un vero problema, che rende assai difficile una valutazione conforme a quella che può essere riconosciuta al segno originario" [Relazione finale: Gaeta, p. 83; Murgia p. 58] ?

 

La verità è che di queste minacce gravi nei confronti dei veggenti non c'è nessuna prova. C'è solo qualche episodico racconto dei veggenti stessi.

Nei primi giorni, i ragazzi furono effettivamente più volte interrogati e sottoposti a visite mediche, ma non furono assunti provvedimenti severi contro di loro, né contro i loro genitori, i fratelli e le sorelle. 

I "veggenti" e le loro famiglie non si dimostravano certamente terrorizzati. 

Il quarto giorno (27 giugno 1981) i ragazzi si rifiutano di farsi portare dalla polizia a Mostar per esser visitati da uno psichiatra. Ecco come Mirjana, nella propria autobiografia, racconta quanto succede in quel giorno quando, a Čitluk, un medico generico, il dottor Ante Vujević, ha appena finito di visitarli:

 

Ci chiamò e disse: "Ora sarete visitati da uno psichiatra di Mostar". "No", dissi. "No?". "Lei penserà che siamo tutti pazzi, ma cos'altro volete da noi?" Aprii la porta. "La saluto. Dobbiamo andare". E ce ne andammo.
[Mirjana Soldo, Il Mio Cuore Trionferà, Dominus Production, 2017, pp. 61-62]


L'ottavo giorno (1 luglio) i ragazzi si rifiutano di rispondere ad una convocazione della polizia a Čitluk. Il racconto è di Vicka, nel libro-intervista con padre Janko Bubalo:

 

Vicka: Proprio in quel giorno hanno convocato noi e i nostri genitori nella scuola.
Padre Janko: Chi vi ha convocati?
Vicka: Lo sai bene chi! Quelli della polizia Chi altri poteva essere? [...] Noi ragazzi non siamo andati per niente a questa convocazione.
[Janko Bubalo, Mille incontri con la Madonna. Le apparizioni di Medjugorje raccontate dalla veggente Vicka, EMP, 1986, p. 52]


Nella più completa versione inglese del libro, si legge anche: "i nostri genitori non sono andati sempre, quando sono stati convocati" [Fr. J. Bubalo, A Thousand Encounters with the Blessed Virgin Mary in Medjugorje, Friends of Medjugorje, Chicago (IL) 1987, p. 45].

Scriveva colui che fu il primo storiografo medjugorjano, padre Marijan Ljubić:

Nessuno può dire con certezza quanti pellegrini si siano già recati a Medjugorje. È comunque certo che alla fine di ottobre del 1981 si era già superato il mezzo milione.
[Marijan Ljubić, Medjugorje. Dernière invitation à la priere et à la conversion, Parvis, 1986, p. 37]


Il che è evidentemente incompatibile con l'idea di una severa repressione. 

 


Le autorità jugoslave aspettarono un mese e mezzo prima di mostrare una certa risolutezza: un inasprimento delle misure repressive, dovuto alla convinzione che il fenomeno avesse finalità politiche eversive, arrivò infatti solo a metà agosto, in coincidenza con l'emanazione di un vero e proprio divieto di accesso al Podbrdo (ricordato anche dalla commissione nella sintetica Cronologia critica [Allegato V – Verbale 3 marzo 2011, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 58]).

Tale inasprimento, in ogni caso, non toccò direttamente i ragazzi (e non fermò nemmeno l'afflusso dei pellegrini, come abbiamo visto), ma fu mirato a colpire con punizioni "esemplari" di rappresaglia, con pretesti vari, alcuni francescani della regione che il regime considerava già da tempo come propri oppositori politici (tra cui il parroco di Medjugorje, Jozo Zovko).

Si tentò quindi un'azione indiretta sul fenomeno. Il motivo di questa strategia è facilmente intuibile: le autorità jugoslave, a differenza di quelle di altri regimi comunisti, tolleravano le religioni e temevano quindi le critiche della comunità internazionale se avessero dimostrato di venir meno alla loro tradizionale linea di condotta. ​

In merito alle testimonianze dei "veggenti", si considerino le due versioni dei fatti esistenti in merito all'"apparizione" avvenuta a Cerno, il 30 giugno 1981. 

La commissione, nella Relazione finale, scrive che a Cerno “gli allora adolescenti erano stati portati in auto dai funzionari di polizia” [Relazione finale: Gaeta, p. 48; Murgia, p. 38], ma si contraddice, dato che nella Cronologia critica è scritto:

I bambini, accompagnati da due ragazze (Mica e Ljubica), fecero un'escursione in macchina ed ebbero la visione a Cerna (sic).
[Cronologia critica dei primi undici giorni relativi agli avvenimenti di Medjugorje, Allegato V – Verbale 3 marzo 2011, in Murgia, Processo a Medjugorje, cit., p. 56]

 

 

Quindi, escursione o viaggio forzato? 

Vicka afferma, nella lunga intervista a puntate rilasciata tra il 1983 e il 1984:

Già durante il viaggio noi avevamo capito che quelle due ci avevano ingannato. Istigate da qualcuno, ci hanno portate a spasso perché noi non potessimo andare sul Podbrdo dalla Madonna. Però noi, lungo la strada, attraversando Cerno, abbiamo chiesto che si fermassero, perché volevamo pregare la Madonna. […] Erano circa le sei del pomeriggio, quando noi di solito ci incontriamo con la Madonna. […] Non volevano acconsentire. Facevano finta di non capire. Solo quando noi abbiamo detto che, se non si fermavano, ci saremmo buttati fuori dalla macchina, si sono fermate.
[Bubalo, op. cit., pp. 46-47]

 

Ebbene, premesso che si trattava di due assistenti sociali (Mica Ivanković, cugina di Vicka e Ivanka, e Ljubica Vasilj-Gluvić), i nastri su cui sono incisi i colloqui dei primi giorni tra i padri della parrocchia e i ragazzi smentiscono la versione raccontata nel 1983 da Vicka, la quale contraddice non solo gli altri veggenti, ma anche sé stessa. 

 


I nastri sono stati sbobinati e tradotti da ben tre autori, di cui due (Daria Klanac e padre James Mulligan) aperti sostenitori di Medjugorje.

Il nastro registrato la sera del 30 giugno 1981 (a partire dalle 18:30 circa) dal parroco Jozo Zovko fa capire inequivocabilmente che per i ragazzi, in realtà, si era trattato di una piacevole escursione: i ragazzi scelsero Cerno, come meta, liberamente.

 


Affermarono tutti insieme: "Siamo noi che abbiamo scelto il posto". Vicka stessa fu ancor più esplicita: "Abbiamo deciso da soli e questo è tutto. Non avevamo bisogno che qualcuno ce lo dicesse" [J. Mulligan, Medjugorje. The First Days, Boanerges Press, 2013, p.242; D. Klanac, Aux sources de Medjugorje, Sciences et Culture, 1998, p. 171; I. Sivric, La face cachée de Medjugorje, Psilog, 1988, p. 360].

 


Interessante anche il brano in cui padre Jozo chiede ai ragazzi se sono stati infastiditi dalla presenza delle due donne. La loro risposta fu: "Niente affatto. No! Sono state molto gentili" [Mulligan, op. cit., p.247; Klanac, op. cit., p. 176].

L'episodio è importante perché fa capire con quanta prudenza devono essere considerati i racconti posteriori dei "veggenti".

Continua nella parte 6: Credibilità dei veggenti: il "vero problema" ammesso (perfino) dalla commissione                                                                                           Marco Corvaglia

Pubblicato il 26 dicembre 2021. Ultimo aggiornamento: 25 gennaio 2023

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