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La Madonna di Guadalupe e l’immagine "non fatta da mano umana" - Parte 1: Juan Diego, la tilma e i suoi modelli

di Marco Corvaglia

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Il veggente e lcanonizzazione sui generis

Papa Francesco nella Basilica di San Pietro davanti a una riproduzione della "tilma" di san Juan Diego, considerata dai fedeli un’immagine non fatta da mano umana (acheropita).

La Basilica di Guadalupe, a Città del Messico, è il santuario mariano più visitato al mondo (vi si recano “più di dieci milioni di pellegrini all’anno” [R. Laurentin, Dizionario delle “apparizioni” della Vergine Maria, Art, 2010, p. 26]).

Deve la sua fama alla storia di un’apparizione della Madonna che sarebbe avvenuta cinque secoli fa. 

 

Nel 1521 i conquistadores spagnoli presero possesso del Messico, all’epoca abitato dagli aztechi, e pianificarono la cristianizzazione della popolazione indigena.

 

Dal 9 al 12 dicembre 1531 Juan Diego, un indio convertito al cattolicesimo, avrebbe visto la Madonna sulla collina di Tepeyac.

 

 

Secondo la tradizione, sul mantello (tilma nella locale lingua nahuatl) dell’uomo, tuttora esposto alla venerazione dei fedeli nella Basilica di Guadalupe, sarebbe rimasta miracolosamente impressa l’immagine della Madonna ritratta come una giovane con occhi e carnagione indios (la Virgen morenita, ossia "meticcia", è tuttora considerata il simbolo nazionale del Messico nato dalla fusione dell’elemento indio con quello ispanico).

 

 

Da quando, nel XVIII secolo, fu inserita nel calendario liturgico cattolico la festività di Nostra Signora di Guadalupe (che ricorre il 12 dicembre), si può dire vi sia stata un’approvazione di fatto dell’”apparizione” da parte della Chiesa, la quale dà credito anche alla tesi dell'origine miracolosa dell'immagine.

Nel 2014, in occasione della festa di Nostra Signora di Guadalupe, papa Francesco ha dichiarato: 

La Santa Madre di Dio [...] ha lasciato stampata misteriosamente la sua sacra immagine nella “tilma” del suo messaggero...
[Celebrazione Eucaristica nella Festività di Nostra Signora di Guadalupe: Omelia del Santo Padre Francesco, Basilica Vaticana, Venerdì, 12 dicembre 2014 (sito ufficiale della Santa Sede)] 

Il 31 luglio 2002, Giovanni Paolo II ha canonizzato Juan Diego.

 

È però molto interessante ricostruire ciò che accadde prima della canonizzazione, ed è possibile farlo grazie alla documentazione originale pubblicata, nel 2002, da don Manuel Olimón Nolasco, professore fondatore della Universidad Pontificia de México, in appendice al suo libro critico La búsqueda de Juan Diego.

 

 

Il 4 febbraio 1998, quando il processo di canonizzazione di Juan Diego volge ormai al termine, padre Guillermo Schulenburg, per trentatré anni abate della Basilica di Guadalupe, scrive, insieme all'Arciprete della basilica, Carlos Warnholtz, e a padre Esteban Martínez de la Serna, bibliotecario della basilica e già Superiore Generale dei Missionari di Guadalupe, una lettera riservata e densa di preoccupazione a mons. Giovanni Battista Re, sostituto per gli affari generali della Segreteria di Stato della Santa Sede.

 

 

Nella lettera si sottolinea, con tono ragionevole, che la Congregazione per le Cause dei Santi (oggi Dicastero per le Cause dei Santi) non ha tenuto in conto il fatto che negli ambienti accademici "ci sono dubbi molto seri circa la stessa esistenza di Juan Diego" e, pertanto,

 

 
si sarebbero dovuti considerare alcuni dei tanti storici di riconosciuta autorità nella Storia coloniale del Messico. Infatti, ci sono molti storici nella Repubblica Messicana, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Spagna, in Germania, ecc., che avrebbero potuto portare i frutti delle proprie ricerche alla suddetta Congregazione, per avvalorare l'evidenza dell'esistenza o non esistenza di Juan Diego.
[Manuel Olimón Nolasco, La búsqueda de Juan Diego, Plaza y Janés, 2002, pp. 140-141]

Il punto di vista degli ecclesiastici che hanno criticato il modo in cui è stato condotto il processo di canonizzazione di Juan Diego era quello di chi considerava il culto di Guadalupe una legittima pratica tradizionale con cui rendere omaggio alla Madonna, ma trovava inaccettabile che una pia devozione di dubbia storicità fosse presentata come un fatto storico. 

I tre non ricevono "nessuna risposta, né ufficiale né ufficiosa" [ivi, p. 163], ma nella primavera successiva la Congregazione per le Cause dei Santi istituisce una commissione storica costituita da tre sacerdoti messicani: Eduardo Chávez, José Luis Guerrero e, con funzione di presidente, Fidel González, professore di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma.  

 

Con incredibile velocità, "i risultati di questi lavori [...] furono presentati da padre Fidel González in un'Assemblea della Congregazione delle Cause dei Santi convocata ad hoc nel novembre 1998" [F. González, E.. Chávez, J. L. Guerrero, El Encuentro de la Virgen de Guadalupe y Juan DiegoPorrúa, 2001 (4 ed.), p. 7].

 

 

Pochi mesi dopo, i lavori vengono pubblicati nel volume El Encuentro de la Virgen de Guadalupe y Juan Diego. Così se ne possono sintetizzare le conclusioni:

Le fonti, sia indigene che spagnole, dimostrano che dall’inizio della seconda metà del sedicesimo secolo sono esistiti validi elementi storici riguardo alle apparizioni e alla persona di Juan Diego.
[Padre Willi Henkel, revisione del libro El Encuentro de la Virgen de Guadalupe y Juan Diego, degli autori Fidel González, Eduardo Chávez e José Luis Guerrero, Ed. Porrúa, Messico 1999, Roma, 6 novembre 1999, negli Archivi della Congregazione per le Cause dei Santi, pubblicata in Eduardo Chávez, Our Lady of Guadalupe and Saint Juan Diego. The Historical Evidence, Rowman & Littlefield, 2006, p. xxxv]

 

 

Considerando che, secondo la tradizione, Juan Diego sarebbe morto nel 1548, ciò significa che si concorda quanto meno sul fatto che, in merito alle apparizioni, non esistono riferimenti documentali risalenti al periodo in cui il presunto veggente era in vita.

*****

Due giorni prima della cerimonia di canonizzazione, l'arcivescovo Edward Nowak, segretario della Congregazione per le Cause dei Santi, intervistato dal quotidiano Il Tempo, sintetizzava così la situazione:

 
Sull´esistenza di questo santo si sono sempre avuti forti dubbi. Non abbiamo documenti probatori ma solo indizi che poi la commissione storica vaticana ha giudicato sufficienti per dimostrare che Juan Diego è esistito.
[David Murgia, L'Arcivescovo Nowak: "Sulla esistenza non ci sono prove", Il Tempo, 29/7/2002, p. 5]

 

 

Viene da domandarsi, allora, come si sia potuto accertare l' "esercizio eroico delle virtù" (questa la condizione per la canonizzazione) in una persona di cui a malapena si ritiene sia stata provata l'esistenza.

 

Scrive il mariologo padre René Laurentin:

 
Il Papa l’ha elevato [agli altari] secondo il rito abbreviato che rende autentica la reputazione di santità stabilita tradizionalmente nel popolo di Dio attraverso il sensus fidelium...
[Laurentin, op. cit., p. 91]

In altre parole, mentre la “fama di santità” è di norma solo una precondizione per l’inizio di un processo di canonizzazione, per Juan Diego ci si è basati esclusivamente sulla fama di santità, dedotta da documenti risalenti ad un periodo in cui egli sicuramente non era in vita.

 

 

Soprattutto, ci si è basati su testimonianze indirette provenienti da un processo canonico organizzato dal capitolo cattedrale di Città del Messico per ottenere da Roma l'istituzione della festa liturgica della Madonna di Guadalupe, 117 anni dopo la presunta data di morte di Juan Diego.

 

 

Stiamo parlando delle Informaciones Jurídicas de 1666, che don Eduardo Chávez definisce "uno dei documenti chiave per stabilire la personalità di Juan Diego" [Chávez, op. cit., p. 34].

 

 

A giudizio di Chávez, "le Informaciones, benché siano del 1666, non possono essere considerate una fonte tarda poiché raccolgono testimonianze di indigeni anziani (alcuni di loro più che centenari) che ricordavano ciò che familiari e amici dicevano loro" [ibidem].

Le dichiarazioni più significative sono rese, in lingua náhuatl, da alcuni devoti indios molto anziani (che in diversi casi ignoravano la propria età esatta) e tradotte in castigliano.

Tali testimoni raccontano ciò che, 70-100 anni prima, gli era stato raccontato essere accaduto (ulteriori) decenni prima. 

Il minimo che si possa dire è che non si tratta delle fonti ideali per tracciare un profilo completo e obiettivo di Juan Diego, qualora sia esistito. 

Dalla Guadalupe spagnola alla Guadalupe messicana

 

Guadalupe rappresenterebbe la prima presunta apparizione mariana avvenuta al di fuori del contesto geografico sino ad allora consueto (costituito dall'Europa e, nei rarissimi casi extraeuropei, dal bacino del Mediterraneo).

La Madonna apparsa nel 1531 in Messico avrebbe detto "di voler essere chiamata Nostra Signora di Guadalupe" [Laurentin, op. cit., p. 363].

 

 

Questo è molto singolare.

 

 

Sin dal tardo Medioevo, a seguito di una presunta apparizione, la Madonna di Guadalupe era venerata nel Monastero Reale (all'epoca retto dai padri geronimiti) della città spagnola di Cáceres, in Estremadura.

 

 

Ebbene, proprio dalla povera regione dell'Estremadura proveniva un numero considerevole di conquistadores, a partire da Hernán Cortés, il condottiero che nel 1521 aveva guidato la sanguinosa conquista del Messico e dal 1522 fu governatore della Nuova Spagna (così fu allora chiamato il territorio messicano).

Parlando di "conquistadores e missionari" giunti in Messico, la commissione storica riconosce:

 

 
È innegabile la devozione di molti di loro alla Madonna di Guadalupe dell'Estremadura, in Spagna. Molti di loro venivano da quella regione spagnola.
[González, Chávez, Guerrero, op. cit., p. 14]

Peter Boyd-Bowman, professore di Linguistica Ispanica a Buffalo, presso la State University of New York, attesta:

 
Quasi l'80% dei coloni bianchi d'America nel XVI secolo erano andalusi, estremadurani e neocastigliani, cioè nativi del sud della penisola iberica.
[Peter Boyd-Bowman, Brotes de fonetismo andaluz en México hacia fines del siglo XVI, "Nueva Revista de Filología Hispánica", Vol. 36, n. 1, Gennaio 1988, pp. 75-77]

*****

Anche diversi elementi interni evidenziano l'apparente derivazione della Guadalupe messicana da quella spagnola, la quale, peraltro, come da tutti ammesso, si fonda su un "racconto leggendario" [Guadalupe (Spagna), in Laurentin, op. cit., p. 361].

 

La vicenda della Guadalupe spagnola, conforme a ben noti schemi narrativi leggendari medievali, circola oralmente per alcuni decenni e viene poi messa per iscritto da alcuni "monaci geronimiti che redigono il racconto dell'apparizione negli anni 1400-1440" [ibidem].  

Secondo questo racconto, in una zona montuosa dell'Estremadura (la Sierra de las Villuercas), nei pressi del fiume Guadalupe, un pastore (a cui più tardi sarà attribuito il nome di Gil Cordero) vede resuscitare una sua vacca morta e, subito dopo, gli appare la Madonna:

Vai nella tua città di Caceres e racconta ciò che hai visto ai preti e al clero di quella chiesa, di' loro da parte mia che vengano nel posto dove hai trovato morta la tua vacca che io ho riportato in vita e lì, accanto a delle grandi rocce, scavino con diligente riverenza e sottoterra troveranno una mia immagine, e nel punto in cui la troveranno, senza cambiare il luogo in cui si trova, facciano una cappella in memoria di me. 
[Gabriel de Talavera, Historia de Nuestra Señora de Guadalupe, consagrada a la soberana magestad de la Reyna de los Ángeles, milagrosa patrona de este sanctuario, Toledo, Tomás de Guzmán, 1597, lib. I, cap. I, fol. 14]

Quando il pastore arrivò a casa, trovò "sua moglie che piangeva a dirotto e che gli disse che suo figlio era morto" [ivi, foll. 14-15], ma quando giunsero i preti per le esequie, "il defunto, in presenza di tutti, si alzò" [ivi, fol. 15], e il pastore disse: "State certi che il miracolo che si è verificato alla vostra presenza arriva per volontà divina, perché crediate a ciò che desidero riferirvi a nome della sovrana Principessa" [ibidem].

La Madonna di Guadalupe spagnola

La statua che secondo la leggenda sarebbe stata trovata seguendo le indicazioni ricevute dal pastore di Cáceres, in Estremadura (le vesti non sono originali e vengono cambiate seguendo il calendario liturgico).

Secondo il racconto, l'effigie sarebbe stata realizzata 1300 anni prima, dall'evangelista san Luca.

 

 

In realtà, si tratta di un manufatto in stile protogotico della "fine del XII secolo" [R. López-Guzmán, P. Mogollón Cano-Cortés, La Virgen de Guadalupe de Extremadura en América del Sur. Arte e iconografía, Fundación Academia Europea e Iberoamericana de Yuste, 2019, p. 36].

 

Passando al racconto messicano, in esso la Madonna dice a Juan Diego: "Desidero ardentemente che in questo luogo venga costruita  la mia piccola casa sacra, mi venga eretto un tempio" [C. Perfetti, La Madonna di Guadalupe, San Paolo, 2003, p. 45].

Secondo la versione tradizionale e apologetica dei fatti, Juan Diego riferisce il messaggio al vescovo di Città del Messico, Juan de Zumárraga, che però si dimostra incredulo:

 

La Vergine, allora, dopo aver rassicurato l'indio sulla guarigione di Juan Bernardino, un suo zio in punto di morte, gli chiese di recarsi in cima al Tepeyac per raccogliere, in quel gelido inverno, delle rose. Con questi fiori miracolosi, gelosamente custoditi nel suo mantello, Juan Diego si presentò nuovamente al vescovo: e quando volle mostrargli il "segno" miracoloso, sulla tilma si impresse l’Immagine della Vergine. Era il 12 dicembre 1531.
[Ivi, pp. 14-15]

La tilma di Guadalupe

La cosiddetta "tilma" di Juan Diego.

È interessante notare che diverse caratteristiche iconografiche della tilma di Guadalupe (la mandorla formata dai raggi solari, la mezzaluna e la testa di cherubino sotto i piedi, lo sguardo rivolto verso il basso, in segno d'umiltà) si trovano tipicamente, perlopiù tutte insieme, nelle rappresentazioni della Madonna realizzate in Spagna, Italia, Germania e in area fiamminga a partire dalla metà del 1400. 

Quella di seguito riprodotta è un'incisione realizzata intorno al 1460, da un anonimo autore fiammingo (immagine tratta dal libro di John F. Moffitt, già professore di Storia dell'Arte presso la New Mexico State University, Our Lady of Guadalupe: The Painting, the Legend and the Reality [McFarland, 2006, p. 83]):

 

Incisione del 1460

Tra le tante opere analoghe alla tilma e ad essa anteriori o contemporanee, è stata segnalata anche questa stampa dell'incisore olandese Cornelis Cort, risalente al 1574 (e conservata nel British Museum) [Gisela von Wobeser, Mitos y realidades sobre el origen del culto a la Virgen de Guadalupe, "Revista Grafía-Cuaderno de trabajo de los profesores de la Facultad de Ciencias Humanas Universidad Autónoma de Colombia", Vol. 10, n. 1, Gennaio 2013, p. 153]:

Incisione del 1574

 

 

Di seguito, tre esempi italiani  (ma ce ne sarebbero ancora molti altri) ai quali nessuno, a quanto mi risulta, ha mai fatto specificamente riferimento in merito alla questione di cui stiamo trattando.

 

 

Questa è una Madonna in una mandorla, con sguardo rivolto verso il basso e una testa di cherubino sotto i piedi, di ambito bergamasco, della fine del 1400, di autore anonimo (Catalogo generale dei Beni Culturali):

Affresco bergamasco XV secolo

 

 


Alla stessa epoca (1470 ca. - 1485 ca.) risale questa Madonna in adorazione del Bambino con angeli e santi di Alessio Baldovinetti e Giovanni Graffione, nella chiesa di Sant'Ambrogio a Firenze:

Madonna in adorazione

 

 

Questa è la recentemente restaurata (2023) Madonna del Rosario (conservata nel Museo Nazionale d'Abruzzo, a L'Aquila) dipinta nel 1511 da Saturnino Gatti (di cui è considerata il capolavoro):  

Madonna del Rosario, Saturnino Gatti

 

 

Peraltro, la presunta immagine acheropita presente sulla tilma di Juan Diego contiene analogie anche con una statua presente a Cáceres, proprio nel Monastero Reale di Santa Maria di Guadalupe. 

Non si tratta però della statua della Madonna di Guadalupe, bensì della poco conosciuta Madonna della Concezione o del Coro, che si trova nel coro del monastero dal 1499.

Eccola (come si presentava prima del restauro operato nel 2016):

Madonna del Concezione nel Monastero reale di Guadalupe

È necessario specificare che le cortine sollevate dagli angeli costituiscono un'aggiunta operata nel 1744 dall'artista Manuel de Lara y Churriguera, a seguito di un restauro, così come le stelle sul manto blu [C. G. Villacampa, Grandezas de Guadalupe, Madrid, De Cleto Vallinas, 1924, p. 25].

Come osservato dal professor Moffitt, il primo a pubblicare delle osservazioni sulle analogie tra la Madonna del Coro di Cáceres e la tilma di Juan Diego fu uno scrittore francescano del XVIII secolo, lo spagnolo padre Francisco de San José, il quale, descrivendo il Monastero Reale di Santa Maria di Guadalupe, notava:

 

... di fronte all'antichissima Immagine della Madonna di Guadalupe, nel Coro ce n'è un'altra intagliata che fu collocata in un arco al di sopra del seggio del Priore, che all'epoca era il Rev.mo P. Pedro de Vidania, nell'anno 1499, trentadue anni prima che apparisse in Messico [...]. 
Per questa ragione alcuni, che vengono dalla Nuova Spagna, se entrano nel nostro Coro, dicono senza esitare: Madonna di Guadalupe del Messico [...].
Quella del Messico non ha il Bambino, questa è la differenza che si avverte tra queste due Immagini [...].
Il colore della nostra Immagine è bruno, [...] gli occhi grandi, piegati verso terra [...]. Ha il Sole alle spalle [...] che la contorna tutta con i suoi raggi dorati [...]: è assisa sulla Luna, che l'accoglie lieta nella sua metà e festeggia con le sue punte all'insù.
[Francisco de San José, Historia Universal de la Primitiva y Milagrosa Imagen de Nuestra Señora de Guadalupe, Madrid, Antonio Marin, 1743, pp. 144-146]

Continua nella pagina: La Madonna di Guadalupe e l’immagine "non fatta da mano umana" - Parte 2: La tardiva nascita della leggenda

Marco Corvaglia

Pagina pubblicata l'11 dicembre 2023  

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