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La facile profezia di Kibeho

di Marco Corvaglia

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Alphonsine Mumureke

Alphonsine Mumureke

 

 

C'è chi ritiene che il genocidio delle etnie hutu e tutsi avvenuto in Ruanda nel 1994 sia stato profeticamente predetto dalle apparizioni di Kibeho.

Queste ultime presentano alcune analogie con quelle di Medjugorje, in quanto anch'esse ebbero luogo in un Paese divis0 da odi etnici e portarono un messaggio macroecumenico (Kibeho: "Per quel che riguarda le diverse religioni, non vi preoccupate. Davanti a Dio non c'è che una religione" [J. Maindron, Les apparitions de Kibeho, O.E.I.L., 1984, p. 181]; Medjugorje: "Tutte le religioni sono uguali davanti a Dio" [R. Laurentin, Messaggio e pedagogia di Maria a Medjugorje. Raccolta cronologica dei messaggi, Queriniana, 1988, p. 149. Si veda: La Madonna di Medjugorje dice: "Tutte le religioni sono uguali". Gli apologeti corrono ai ripari]).

Fu dapprima Alphonsine, alunna di una scuola di Kibeho gestita da suore cattoliche, a dire di avere le apparizioni, nel novembre 1981.

Dopo le vacanze di Natale, si aggiunse una seconda allieva della stessa scuola, Nathalie, e, nel marzo successivo, anche una compagna di classe di Nathalie, Marie-Claire (seguiranno altri 25 sedicenti veggenti - fra cui altre due alunne della scuola - ma su questi ultimi il vescovo locale, che ha approvato le apparizioni nel 2001, non si è pronunciato).  

Scrive Saverio Gaeta, nel capitolo "Le profezie mariane che si sono già avverate" del suo libro Medjugorje. Segreti e messaggi:

Sin dall’estate del 1982, la Madonna aveva segnalato i rischi cui il Ruanda stava andando incontro. Il  15 agosto 1982 la sedicenne Alphonsine Mumureke ebbe una terrificante visione […]: “Smettila, smettila, ti prego, smettila! Perché, Madre? Perché mi stai mostrando tutto questo? Gli alberi prendono fuoco, l’intero Paese sta bruciando! Ti prego, Madre, mi stai spaventando… Oh, no! Perché quelle persone si stanno uccidendo l’un l’altra? Perché si stanno massacrando?”

[Saverio Gaeta, Medjugorje. Segreti e messaggi, San Paolo Edizioni, 2020, pp. 63-64]

Abbiamo già visto (Le inesistenti profezie di Amsterdam), come l'olandese Ida Peerdeman raccontasse scene ispirate ad eventi già accaduti (come le battaglie lungo il fiume Oder), senza però specificare se si trattasse di eventi passati o futuri. In questo modo si vince sempre: se il fatto sembrerà ripetersi, verrà considerato come una profezia avverata; se non si ripeterà, potrà essere considerato un semplice monito che viene dal passato (ad esempio, una testimonianza della malvagità umana).

A voler essere rigorosi, anche Alphonsine non dice inequivocabilmente se gli eventi descritti vogliano rappresentare eventi passati oppure futuri, né dice espressamente a quale Paese si riferisca (si potrebbe osservare che in quel periodo l'attenzione del mondo era concentrata sulla guerra israelo-libanese e, il giorno prima, 14 agosto 1982, ad esempio, il Corriere della Sera titolava: "Tra le rovine di Beirut si contano i morti").

Venendo comunque alle specifiche vicende ruandesi, se si consultano i numerosi libri sulle apparizioni di Kibeho pubblicati internazionalmente, si vede che praticamente tutti gli autori (compresi i pochi che fanno qualche generico e sbrigativo cenno al conflitto interetnico preesistente) trasmettono più o  meno esplicitamente l’idea che i massacri del 1994 siano giunti inaspettati e, quindi, imprevedibili.

In un suo agile volume su Kibeho, Saverio Gaeta scrive che "proprio il preannuncio della tragedia che colpì il Ruanda rappresenta una delle prove principali di veridicità di questa manifestazione africana" [Gaeta, Kibeho, San Paolo Edizioni, 2017, p.  53].

È indispensabile approfondire qual era la situazione nei primi anni Ottanta, prendendo in considerazione alcune fondamentali vicende della storia recente del Ruanda e del Burundi, i quali, fino al 1962, costituivano un’unica entità, il Ruanda-Urundi, ed erano parte dell’impero coloniale belga.

I due Paesi hanno tanto in comune che costituiscono letteralmente una sola nazione, se non fosse per la linea di confine che li separa. A dir poco, sono due gemelli. L’artificiale confine non ha cambiato questa situazione.

[Godfrey Mwakikagile, Civil Wars in Rwanda and Burundi: Conflict Resolution in Africa, New Africa Press, 2015, p. 78]

Kibeho si trova in Ruanda, "a una ventina di chilometri dal confine con il Burundi" [Gaeta, Kibeho, cit., p. 7]. 

Ruanda e Burundi sono tra i pochissimi Paesi africani a maggioranza cattolica.

Salvo poche eccezioni, gli abitanti appartengono o alla tribù hutu (di gran lunga la più numerosa) o a quella tutsi:

Gli hutu costituiscono l’ampia maggioranza della popolazione (almeno l’85%) sia in Ruanda che in Burundi, dove i due gruppi sono stati diverse volte in conflitto negli ultimi 400 anni, anche quando i conflitti non sono sfociati nella violenza di una guerra su larga scala.

[Mwakikagile, op. cit., pp. 28-29]

Storicamente, il potere politico è stato nelle mani di re appartenenti alla tribù dei tutsi (giunti nella regione come invasori, secoli fa), nonostante fossero minoranza.

La situazione cominciò a cambiare in Ruanda nel 1959, quando iniziò il genocidio:

 

Dopo essere stati praticamente schiavizzati per secoli, gli hutu ribaltarono la situazione con la ribellione di massa del novembre 1959 contro l'aristocrazia tutsi. Fu la prima volta nella storia del Paese che gli hutu erano risultati vincitori contro i tutsi. Più di 100.000 tutsi furono uccisi. Altre centinaia di migliaia, compreso Mwami [re] Kigeri V, fuggirono dal Paese. [...]

La maggior parte dei tutsi, compreso Kigeri V, cercarono rifugio in Urundi (come il Burundi era all'epoca chiamato, prima dell'indipendenza), che era ancora governato dai compagni tutsi.

[Ivi, p. 221]

Il genocidio riprese nel 1963, quando gli esuli tutsi, con l’appoggio del governo del Burundi, tentarono di invadere il Ruanda per ritornare al potere: "la guerrilla tutsi uccise più di 20.000 hutu, perlopiù civili" [ivi, p. 48], ma "nel massacro che seguì ben 12.000 tutsi vennero uccisi in Ruanda" [R. Lemarchand, D. Martin, Selective Genocide in Burundi, Minority Rights Group, 1974, p. 3].

Di male in peggio:

La fallita invasione del Ruanda da parte degli esuli tutsi nel 1963 [...] portò a un irrigidimento del regime hutu, i cui eccessi rivaleggiarono ed in alcuni casi superarono le brutalità a cui la maggioranza hutu era stata sottoposta per anni sotto il governo repressivo dell'aristocrazia tutsi.

[Mwakikagile, op. cit., p. 245]

Per farla breve, la situazione successiva è così sintetizzata da una testimone d’eccezione, la scrittrice ruandese cattolica Immaculée Ilibagiza:

Dopo che i belgi lasciarono il Ruanda [nel 1962, MC], gli estremisti hutu iniziarono una campagna, durata decenni, di terrore e massacri contro i tutsi.

[Immaculée Ilibagiza, Led by Faith, Hay House, 2008, p. 4]

 

Molte decine di migliaia [di tutsi] morirono durante decenni in cui i massacri erano eventi comuni. Mentre la violenza era ciclica, la discriminazione era sempre presente.

[Id., Left to Tell, Hay House, 2006, p. 15]

Padre Gianni Sgreva, apologeta di Kibeho, ammette che in Ruanda, negli anni Settanta, "il conflitto interetnico s'intensificò" [G. Sgreva, Kibeho. Le apparizioni della Madonna in Africa, Shalom, 2002, p. 86].

In quel periodo la situazione era drammatica nello Stato "gemello” del Burundi. Lì,  già in precedenza, la minoranza tutsi al potere aveva "selvaggiamente represso le rivolte hutu nel 1963, 1965..." [Mwakikagile, op. cit., p. 148].

Consideriamo l'escalation successiva, nelle parole del professor René Lemarchand (Università della Florida):

Ci sono pochi paralleli per l’olocausto umano che ha avuto luogo in Burundi nel 1972, in un risveglio della complessa lotta tra i due maggiori gruppi etnici del Paese, gli hutu e i tutsi. […] Secondo una stima prudenziale, ci sono stati tra gli 80.000 e i 100.000 morti. Circa il 3,5% della popolazione totale del Paese (3 milioni e mezzo) fu fisicamente spazzato via nell’arco di poche settimane.

[Lemarchand, Martin, op. cit., p. 5]

Léonce Ndarubagiye, un politico burundese di etnia tutsi, riporta stime superiori: "Il genocidio colpì qualunque hutu che sapesse leggere e scrivere [...] Nel 1972, circa 300.000 hutu istruiti o semicolti furono selvaggiamente massacrati" [L. Ndarubagiye, Burundi. The Origins of the Hutu-Tutsi Conflict, Nairobi, Kenya, 1996, pp. 38-39].

Nell’anno seguente, altri massacri:

Gli hutu si ribellarono di nuovo contro i tutsi nel maggio 1973. Seguì un altro massacro dalle proporzioni di un genocidio. Decine di migliaia di hutu e migliaia di tutsi vennero uccisi. 

[Mwakikagile, op. cit., p. 87]

Senza pretendere di essere un profeta, il professor Lemarchand scriveva, nel 1974, del rischio di “ulteriori massacri periodici” [Lemarchand, Martin, op. cit., p.  21]. 

E infatti, come ci testimonia l’osservatorio della Caritas sui conflitti dimenticati, in Burundi vi furono "massacri di larga scala di persone Hutu, soprattutto dal 1970 al 1980".

Come si vede, studiando la storia del Ruanda e del Burundi, si comprende che la presunta profezia di Kibeho è tutt'altro che stupefacente. Sapere è potere.

È vero che i massacri del 1994 assumeranno proporzioni ancora più grandi rispetto a quelli precedenti (circa un milione di morti), ma questo non cambia i termini della questione. La descrizione dei massacri di Alphonsine non contiene nulla di nuovo rispetto a quanto all'epoca era già noto, per essere più volte accaduto. Questo è ciò che conta, dal punto di vista dell'analisi critica. 

Gaeta riporta anche un'altra presunta predizione dei massacri del 1994:

Il 12 gennaio 1984, infatti, la Vergine disse alla studentessa diciassettenne Nathalie Mukamazimpaka: "Figlia mia, prega molto per non venir meno. Il vostro Paese sta entrando in una notte oscura". Era il drammatico preannuncio di ciò che dieci anni dopo si sarebbe consumato nel territorio dei "Grandi Laghi", a partire dal 6 aprile 1994, quando il presidente ruandese Juvénal Habyarimana, di etnia tutsi [in realtà era hutu, MC] morì in un attentato...

[Gaeta, Medjugorje. Segreti e messaggi, cit., pp. 62-63]

 

In linea generale, per commentare questo messaggio vale quanto detto sin ora (da notare comunque che in questo caso si specifica che si tratta del "vostro Paese" e si esplicita il riferimento ad un evento imminente: "sta entrando").

Tuttavia, se si va ad analizzare la specifica situazione del Ruanda tra la fine del 1983 e l’inizio del 1984, le parole sembrerebbero trovare più immediata corrispondenza con un insieme di fattori ben evidenti all’indomani delle elezioni farsa del 19 dicembre 1983, che videro “trionfare” il candidato unico alla presidenza (in realtà, dittatore già da dieci anni) Juvénal Habyarimana con il 99,7 % dei voti.

Nel 1983, il Presidente Habyarimana fu rieletto per un altro mandato quinquennale ma in un periodo in cui il Paese affrontava seri problemi economici. Doveva ricollocare i 25.000 ruandesi che erano stati cacciati dall'Uganda e rimandati nella loro terra nativa senza nulla [si trattava di tutsi ruandesi rifugiati in Uganda, dove però iniziarono ad essere perseguitati, nel 1982, sotto il governo del leader politico Obote, MC]. Doveva anche far fronte alla potenziale minaccia della carestia e del collasso economico. Il 1983 fu uno dei peggiori anni per il Ruanda, in quanto il Paese subì una devastante siccità che, insieme ad una densa popolazione che continuava a crescere con una velocità fenomenale, ebbe un enorme impatto sullo sviluppo economico di uno dei Paesi più poveri del mondo.

[Mwakikagile, op. cit., p. 257]

Una considerazione a margine (ma non troppo): è singolare notare come, spesso, nei libri apologetici si faccia - come si dice - un "santino" di tutti i personaggi coinvolti nel fenomeno o, semplicemente, benevoli verso di esso. 

Pertanto, un dittatore come Habyarimana, giunto al potere - dove rimase per 21 anni - con un colpo di Stato militare, autoritario come tutti i dittatori (benché fautore di una politica improntata al paternalismo), ma sostenitore - non si sa quanto sinceramente - delle apparizioni di Kibeho, viene acriticamente presentato come segue da padre Gabriel Mandrion, autore di uno dei primi libri pubblicati su Kibeho:

 

Nel mese di luglio 1973, il Generale Maggiore Juvénal Habyalimana è nominato Presidente della Repubblica. È un uomo saggio e intelligente che sa contornarsi di persone altamente competenti. Sotto di lui, il Ruanda conosce un'era di prosperità. È anche un cristiano convinto. La sua famiglia ha seguito con interesse gli avvenimenti di Kibeho.

[Gabriel Mandrion, Les apparitions de Kibeho. Annonce de Marie au coeur de l'Afrique, F. X. de Guibert, 1984, p. 26. L'intero elogio sarà ripreso pressoché alla lettera da padre Angelo Maria Tentori nel suo libro Apparizioni della Madonna in Africa. Nostra Signora di Kibeho, Edizioni Paoline, 2009, p. 74]

Il presidente e il suo governo cambiarono però poi atteggiamento verso Kibeho:

 

 

Radio Rwanda seguitò a trasmettere le apparizioni, ma dato che era controllata dal governo, quando i veggenti iniziarono a comunicare messaggi che criticavano la politica discriminatoria degli estremisti Hutu nei confronti delle minoranze dei Tutsi, ridusse drasticamente le trasmissioni sull'argomento.

[Ilibagiza, Nostra Signora di Kibeho. Dal cuore dell'Africa Maria parla al mondo, San Paolo Edizioni, 2010, p. 163]

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Marco Corvaglia

Pagina pubblicata il 26 luglio 2021

 

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